LO STATUTO, UNA LEGGE CHE CREA LE PREMESSE PER UNA SVOLTA STORICA NEL NOSTRO SISTEMA TRIBUTARIO

Prefazione di Giancarlo Fornari, Responsabile delle Relazioni Esterne dell’Agenzia delle Entrate

La grande importanza della legge 212/2000, altrimenti detta "Statuto del contribuente", a cui è opportunamente dedicato questo libro, si desume, indirettamente, anche dalla sua storia parlamentare. L’iter di questo provvedimento, da una legislatura all’altra, ha una storia quasi decennale, infatti il primo progetto in materia venne presentato alla Camera dall’on.le Franco Piro nel settembre del 1990 e ripresentato nel ’92. Seguirono altri progetti di legge a firma dei parlamentari Renato Strada, Massimo Scalia, Rossano Caldeo. Tutti questi progetti erano "costituzionali", e cioè prevedevano la modifica di uno o più articoli della Costituzione, operazione in sé estremamente difficoltosa, e questo può giustificare il fatto che nessuno di essi riuscì ad essere approvato neppure da una Commissione. La storia vera del provvedimento si può dire cominci quindi dal settembre ’96, ossia dal momento della presentazione ad opera dell’allora Ministro delle finanze, Vincenzo Visco, di un progetto di legge ordinaria, che assorbirà poi altri progetti parlamentari. Il d.d.l. Visco trova una prima approvazione presso il Senato nell’aprile 1998, una successiva approvazione (con numerose modifiche) da parte della Camera nel marzo 2000 e una definitiva approvazione da parte del Senato, nel luglio 2000. E’ appena il caso di rilevare che se non fosse stato licenziato prima delle ferie estive del 2000, certamente lo Statuto sarebbe stato posposto – alla ripresa dell’attività parlamentare – ad altri impegni legislativi ben più pressanti quali i collegati alla finanziaria 2000 e la stessa finanziaria 2001. Con la conseguenza che molto probabilmente, data l’imminente scadenza elettorale, non ce l’avrebbe fatta a vedere la luce neanche nell’ultima legislatura.

Rievocare questa lunga e travagliata storia può servire a confermare quanto rilevato dalla più autorevole dottrina (Marongiu) circa la futilità di alcuni commenti giornalistici (vedi, ad esempio, alcune note a firma G. Giuliani su "Il Sole 24 Ore"), secondo i quali sarebbe stato un errore approvare lo Statuto con legge ordinaria, mentre si sarebbe dovuto accogliere il "suggerimento" dello stesso articolista di provvedere con legge costituzionale. La verità è che se si fosse dovuto percorrere l’iter della modifica costituzionale per approvare lo Statuto, questa legge non sarebbe stata certo approvata nel 2000, e forse non lo sarebbe stata neanche nella presente legislatura.

Rievocare i tempi lunghi di approvazione dello Statuto può essere utile anche per introdurre una osservazione importante circa i rapporti tra le previsioni di questo provvedimento e la realtà/attività dell’amministrazione. Durante la legislatura conclusa nel marzo 2001 lo Statuto, come abbiamo detto, "nasce", a livello progettuale, nel ’96, e viene approvato nel 2000. Questi quattro anni di gestazione sono precisamente gli anni in cui l’amministrazione finanziaria compie un’autentica rivoluzione copernicana. Nascono in questo periodo il fisco telematico, la dichiarazione unica, le compensazioni, le rateazioni, si realizza un sistema di comunicazione con i contribuenti che rende più trasparente la liquidazione delle dichiarazioni, si potenzia l’attività di informazione con l’utilizzo avanzato di Internet e delle nuove tecnologie; si introduce con circolare l’interpello, si vara l’autotutela, si generalizza il ravvedimento, si porta a regime l’accertamento con adesione, si regola con Direttiva del Ministro lo svolgimento delle verifiche, si riforma e si umanizza la disciplina delle sanzioni. Il fisco col quale i contribuenti devono confrontarsi al momento in cui sta vedendo la luce lo Statuto è, in sostanza, profondamente diverso da quello a cui aveva fatto riferimento l’originario progetto di legge. Molte delle norme di questo provvedimento appaiono perciò abbastanza "spiazzate" dall’evoluzione che nel frattempo hanno subito le regole del gioco per effetti dei vari decreti delegati di riforma del fisco. Tanto per fare un solo esempio, l’affermazione solenne contenuta nell’art.8, primo comma, secondo cui "l’obbligazione tributaria può essere estinta anche per compensazione", che poteva sicuramente apparire rivoluzionaria nel ’96, al momento in cui il progetto era stato presentato, suona del tutto irrilevante nel 2000, quando i contribuenti, grazie all’F24 e al modello Unico, già hanno potuto effettuare quasi 50.000 miliardi di compensazioni tra imposte e contributi. Vorrei dire, in altri termini, che mentre lo Statuto inteso come legge quadro del sistema tributario rimaneva fermo, il sistema invece camminava, e anzi correva verso traguardi che per certi versi erano più avanzati di alcune previsioni dello Statuto. Tanto che solo in extremis il legislatore è intervenuto, e neppure in modo troppo felice, per aggiornare talune norme del progetto che suonavano ormai anacronistiche nel mutato contesto della normativa tributaria.

Come viene illustrato nel commento che Vittorio Carlomagno, con notevole puntualità e grande chiarezza, ha fatto ai singoli articoli dello Statuto, la legge 212 ha introdotto una serie molto ampia di vincoli, sia nei confronti del Parlamento (chiarezza e trasparenza delle disposizioni legislative, esclusione della prassi delle c.d. "norme intruse", irretroattività delle norme tributarie, "neutralità" dei primi 90 giorni ai fini dell’entrata in vigore di nuovi adempimenti, divieto di decreti-legge per l’istituzione di nuovi tributi) sia nei confronti dell’amministrazione finanziaria. In realtà, mentre è abbastanza opinabile il ruolo che potrà svolgere lo Statuto come vincolo per l’attività di produzione legislativa (sembra abbastanza ottimistico immaginare che una legge ordinaria possa introdurre delle regole che un’altra legge ordinaria non possa violare e difatti non sono mancati già nei primi mesi di applicazione dello Statuto esempi anche abbastanza clamorosi di "disattenzione", chiamiamola così, del legislatore nei confronti di alcune prescrizioni in esso contenute) la parte sicuramente più "qualificante", come si diceva una volta, di questo provvedimento appare quella che stabilisce vincoli per l’amministrazione affermando, nel contempo, corrispondenti diritti in capo al contribuente.

Si tratta dei diritti alla tutela dell’integrità patrimoniale, al rispetto della buona fede, alla certezza del diritto (interpello), alla difesa da parte di organismi terzi (Garante). Si tratta, in una parola, di diritti attraverso i quali viene a scomparire la posizione di sudditanza istituzionale del contribuente.

Se si riuscirà a risolvere alcuni problemi pratici non secondari (sedi e risorse umane di supporto per il Garante, personale adeguato per far fronte alle istanze di interpello, difficoltà di applicazione di alcune disposizioni eccessivamente "elastiche" come ad esempio quelle che prevedono la possibilità dell’interpello solo in caso di "obiettive condizioni di incertezza" sulla interpretazione delle norme, chiarezza circa l’estensione e i limiti dei poteri dei verificatori) questa legge sarà un'arma decisiva per contribuire a porre su basi radicalmente nuove - di collaborazione, anziché di reciproco sospetto - il rapporto fisco-contribuente.

E poiché la conoscenza, la maggiore informazione, la certezza di poter contare sul rispetto dei propri diritti, migliorano quella che si suole chiamare la tax compliance, anche per questa via c’è da attendersi una diminuzione delle evasioni insieme a un incremento delle soluzioni pacifiche delle controversie e a una ulteriore caduta degli episodi litigiosi che costituivano uno degli aspetti più abnormi della fiscalità italiana.

Il libro di Carlomagno può avere una doppia utilità a questi fini. Per il contribuente, che nel commento alla legge trova chiarimenti per i suoi dubbi interpretativi ma anche suggerimenti pratici per la soluzione dei suoi problemi. Per l’amministrazione, che ha tutto l’interesse che attorno allo Statuto si formi una consistente bibliografia. Applicare convenientemente lo Statuto in tutte le sue parti non sarà infatti facilissimo: ci vorrà del tempo, ci vorrà impegno, ci vorranno studio e fatica. Il lavoro per formare una autentica "cultura dello Statuto" avrà bisogno dell’apporto convinto dell’amministrazione ma anche di supporti esterni all’amministrazione stessa. La dottrina, i consulenti professionali, i giudici tributari, i Centri di assistenza – tutti, insomma, coloro che svolgono la loro attività quotidiana come "mediatori" tra cittadini e fisco.

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